Sez. 1,
Sentenza
n. 19517
del 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. FAZZIOLI Edoardo - Presidente - del 01/04/2010
Dott. CHIEFFI Severo - Consigliere - SENTENZA
Dott. SILVESTRI Giovanni - rel. Consigliere - N. 1002
Dott. DI TOMASSI M. Stefania - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere - N. 46608/2009
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) IANNICELLI TOMMASO N. IL 20/02/1979;
avverso l'ordinanza n. 844/2009 TRTB. LIBERTÀ di CATANZARO, del
06/08/2009;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI SILVESTRI;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. IACOVIELLO Francesco Mauro il
quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Grasso Dario.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6.8.2009, il Tribunale di Catanzaro, costituito a
norma dell'art. 309 c.p.p., rigettava la richiesta di riesame
proposta nell'interesse di Iannicelli Tommaso e, per l'effetto,
confermava l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in
data 2.7.2009 dal GIP presso lo stesso tribunale per il concorso nel
tentato omicidio di Laurito Mario. Dopo avere precisato che il
procedimento aveva ad oggetto fatti di sangue commessi dalla
consorteria 'ndranghetista degli "zingari" di Cassano, facente capo
al gruppo degli Abruzzese, nell'ambito della lotta sviluppatasi con
la cosca degli "italiani" per il controllo del territorio, il
tribunale esaminava i fatti oggetto delle imputazioni e rilevava che
i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato potevano
desumersi dalle dichiarazioni di Percacciante Pasquale, facente
parte del sodalizio degli zingari che aveva deliberato e fatto
eseguire l'agguato ai danni del Laurito, precisando che tali accuse
avevano trovato conferma in autonome e convergenti dichiarazioni di
altri collaboratori. Infine, venivano esposti gli argomenti che
dimostravano l'esistenza delle esigenze cautelari.
Il difensore dell'indagato proponeva ricorso per cassazione
denunciando la nullita' dell'ordinanza per violazione dell'art. 606
c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione a vizi logici e giuridici
della motivazione relativa all'accertamento dei gravi indizi di
colpevolezza sull'assunto che il tribunale non aveva compiuto una
adeguata verifica dell'attendibilità intrinseca ed estrinseca delle
propalazioni del Percacciante, non tenendo presente che si trattava
di dichiarazione de relato incontrollabili data l'indeterminatezza
della fonte primaria, tanto più che il Percacciante non era
riuscito a precisare se l'indagato fosse consapevole dell'agguato. Il
ricorrente precisava che risultavano contraddittori gli elementi di
prova riguardanti la presenza dello Iannicelli nella villa di
Cassano e, infine, che nel valutare la complessiva attendibilità
delle accuse del Falbo non era stato considerato che in altro
processo le sue dichiarazioni erano state reputate false.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento in quanto la struttura e
lo sviluppo argomentativo dell'ordinanza presentano vizi logici e
apprezzabili deviazioni dai canoni valutativi stabiliti dall'art. 192
c.p.p., comma 3, tanto da riflettersi sulla correttezza
dell'accertamento del requisito della gravità indiziaria ex art. 273
c.p.p..
Il tribunale ha assegnato decisiva rilevanza alla chiamata in reità
del collaboratore Percacciante, il quale ha riferito di essere
venuto a conoscenza delle fasi realizzative del tentativo di omicidio
del Laurito dagli esecutori materiali dell'agguato: a detta del
Percacciante, costoro gli avevano confidato che Abbruzzese Nicola
e lo Iannicelli si trovavano all'interno della villa comunale di
Cassano Ionio con il compito di segnalare ai killer il passaggio
dell'auto sulla quale viaggiava il Laurito.
Ciò posto, considerato che le dichiarazioni accusatorie del
Percacciante sono de relato e, come tali devono essere sottoposte a
rigoroso vaglio critico, deve sottolinearsi che nel caso di specie fa
difetto un adeguato riscontro in termini tali da fare assurgere dette
dichiarazioni al rango della gravità indiziaria richiesta dal citato
art. 273.
In una delle più lucide e coerenti pronunce di questa Corte è stato
precisato che, in tema di valutazione della chiamata in reità o
correità in sede cautelare, le dichiarazioni accusatorie rese dal
coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o
imputata in un procedimento connesso o collegato, integrano i gravi
indizi di colpevolezza di cui all'art. 273 c.p.p., comma 1, - in
virtù dell'estensione applicativa dell'art. 192 c.p.p., commi 3 e 4,
ad opera dell'art. 273 c.p.p., comma 1 bis, introdotto dalla L. n. 63
del 2001, art. 11 - soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente
attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci
individualizzanti, tali cioè da assumere idoneità dimostrativa in
ordine all'attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di
esse, ferma restando la diversità dell'oggetto della delibazione
cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di
ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato,
rispetto a quella di merito, orientata invece all'acquisizione della
certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell'imputato
(Cass., Sez. Un., 30 maggio 2006, P.G. in proc. Spennato, rv.
234598).
È da escludere che, in applicazione di tale principio di diritto,
nel caso di specie la chiamata in reità fatta dal Percacciante sia
sostenuta da un riscontro estrinseco individualizzante tale da fare
acquistare alla chiamata stessa quell'elevato valore dimostrativo
della colpevolezza dell'indagato in ordine al concorso nel tentato
omicidio attribuitogli. Se è vero, infatti, che il collaboratore
Falbo ha riferito di avere notato la presenza dell'indagato,
dell'Abbruzzese Nicola e di una terza persona nella villa comunale
di Cassano Ionio, è altrettanto vero che il Falbo non ha affatto
dichiarato che lo Iannicelli si trovava con le altre persone al
fine di segnalare ai killer il passaggio dell'auto della vittima
designata: di talché a quella presenza può attribuirsi univoco
significato in senso accusatorio soltanto sul piano della
verosimiglianza e della deduzione congetturale.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, deve conclusivamente
riconoscersi che la motivazione dell'ordinanza impugnata non da conto
dell'esistenza di indizi a carico dell'indagato di spessore tale da
raggiungere il livello della gravità indiziaria di cui all'art. 273
c.p.p..
Pertanto, deve pronunciarsi l'annullamento dell'ordinanza impugnata
con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.
La cancelleria dovrà provvedere all'adempimento prescritto dall'art.
94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Prima Sezione Penale, annulla
l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Catanzaro. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del
provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario a norma
dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 1 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010